Il Corpo degli Alpini venne fondato nel 1872 con il preciso scopo di difendere i confini montani del nord Italia costituiti dall’arco alpino e rappresenta il più antico corpo di fanteria da montagna attivo nel mondo. La mobilitazione dell’esercito, prevista solo in zone di pianura, non era più idonea a salvaguardate i confini della Patria e pertanto fu necessario prevedere una linea difensiva a stretto ridosso di tutte le Alpi.


Cartolina della collezione Geom. Gianpaolo Brianti - A.N.A. Sezione di Parma
L’idea di affidare questo delicatissimo compito ai valligiani era basata sulle reali e approfondite conoscenze che gli abitanti avevano dell’ambiente circostante in cui vivevano: l’ideatore del corpo degli Alpini fu il capitano di stato maggiore Giuseppe Domenico Perrucchetti,  ritenuto a tutti gli effetti il fondatore. Appassionato studioso, aveva conoscenza diretta della conformazione montana e ben conosceva il glorioso operato delle milizie di montagna che fin dai tempi dell’impero romano avevano difeso i confini dalle invasioni barbariche provenienti dal nord, senza dimenticare il coraggio e l’ardore dei “cacciatori delle Alpi” che si arruolarono nel periodo del Risorgimento  e dei volontari del Cadore che combatterono nel 1848 per la prima guerra d’indipendenza.
Alla luce di ciò il capitano ritenne che la mobilitazione e i reclutamenti effettuati sul territorio da difendere potessero rappresentare un grande vantaggio e pertanto con un regio decreto venne disposta la formazione di un apposito corpo addestrato per la guerra di montagna con reclutamento esclusivamente regionale: gli Alpini costituirono quindi le truppe di montagna dell'esercito italiano.  


Cartolina della collezione Geom. Gianpaolo Brianti - A.N.A. Sezione di Parma
Dopo un’iniziale adozione di una divisa identica a quella della fanteria, nel 1874 a queste speciali truppe alpine venne posto sul capo un cappello di feltro nero con una stella di metallo a cinque punte e una coccarda tricolore ornato da una penna nera sul lato sinistro che divenne subito l’emblema dei soldati di montagna.
Nel 1882, a dieci anni dalla nascita del Corpo, per esigenze operative si ebbe un più consistente ampliamento del Corpo con la costituzione dei primi sei reggimenti alpini.
Il cappello alpino subì altre modifiche: il fregio a stella fu sostituito con un fregio di metallo bianco raffigurante un’aquila ad ali spiegate sormontata da una corona reale che rappresentava il simbolo di potenza e audacia del Corpo degli Alpini.
Nati per combattere sui ghiacciai e sulle alte vette delle Alpi, contro ogni previsione gli alpini furono invece  mandati a combattere  in terra africana  nelle campagne di Eritrea del 1887 e del 1896, ove mostrarono il loro valore e le loro qualità di fieri soldati nella sfortunata battaglia  di Adua (marzo 1896), dove il 1^ Battaglione Alpini d’Africa fu letteralmente decimato insieme a molti artiglieri.
Solo nel 1905 fu introdotta per il 5° Reggimento Alpini una nuova uniforme di colore grigio che mimetizzava i soldati  nel migliore dei modi e che nel 1908 fu adottata da tutto l’Esercito Italiano. Con la nuova divisa il cappello a bombetta nera venne sostituito con un cappello di feltro colore grigio verde che ancora oggi è in dotazione alle Truppe Alpine. 
 Nell’ottobre 1911 gli alpini parteciparono alla guerra italo - turca con dieci battaglioni e 13 batterie di artiglieria da montagna; quando nel 1915 l’Italia entrò in guerra contro l’Austria – Ungheria il Corpo partecipò al conflitto con 88 battaglioni e 66 gruppi di artiglieria da montagna, coinvolgendo complessivamente oltre 240.000 alpini.
L’immane sforzo durò per ben 41 mesi:  gli alpini furono protagonisti di infiniti episodi dove diedero prova di forza, di coraggio, di resistenza; mille azioni cruente, portate a termine in ambienti ostili su vette impervie  e con condizioni  meteorologiche avverse e impossibili dimostrarono l’ardimento e lo spirito di sacrificio di questi uomini di montagna che lottarono offrendo anche la propria vita per i supremi ideali di libertà.
Dalla conquista del Monte Nero alla lotta sui Monte Adamello, dal Carso allo sullo Stelvio, dal monte Grappa alle Dolomiti , gli alpini lottarono contro uno degli eserciti più potenti e attrezzati al mondo, costruendo con mezzi rudimentali strade e sentieri per poter avanzare e combattendo  memorabili battaglie che la storia non dimenticherà mai.



Al termine del primo conflitto mondiale furono stimati 24.876 alpini morti tra soldati semplici e ufficiali, mentre i dispersi furono oltre 18.000 e i feriti quasi 77.000.
Nel 1919 su iniziativa di alcuni valorosi reduci scapati alle campagne d’Africa e ai vari conflitti combattuti durante la grande guerra, fu fondata l’Associazione Nazionale Alpini.
Nel gennaio del 1936 gli alpini vennero inviati in Etiopia a combattere sui roventi rilievi africani a fianco di altri corpi, distinguendosi nelle diverse battaglie e nelle conquiste per il loro spirito di abnegazione e per il loro coraggio.
Nel corso della seconda guerra mondiale gli alpini si onorarono di altre glorie, combattendo sulle Alpi occidentali, in Grecia e infine durante la guerra di liberazione per riconquistare l’indipendenza nazionale. Particolarmente tragici furono i combattimenti in  Russia nella zona del Don, dove dopo aver subito  gravissime perdite, furono costretti ad attuare la tragica ritirata durante l’inverno 1942-1943.
In modo particolare quindi le condizioni di combattimento si rivelarono estreme in terra russa: contro l’Armata Rossa che costituiva un nemico fortissimo, con un freddo indicibile e con un equipaggiamento insufficiente, affrontarono durissimi sacrifici e sofferenze  inimmaginabili.  Anche per questa impresa il contributo pagato dalle Penne Nere fu elevatissimo: su 57.000 uomini oltre 37.000 non fecero più ritorno. Durante questo immane conflitto mondiale, pur  penalizzati da una preparazione insufficiente e da un equipaggiamento militare del tutto inadeguato, gli Alpini si batterono sempre con grande valore e immensa dignità.
Il Corpo degli Alpini venne quindi onorato con centinaia di  medaglie d’oro, d’argento e di bronzo al Valore Militare e civile,  parecchie croci di cavalierato dell’ordine militare italiano, riconoscimenti di benemerenza e prestigiose medaglie al Merito Civile attribuite dalla Croce Rossa Italiana.
Con la firma del trattato di pace, la sconfitta politica e il successivo ingresso dell’Italia nella NATO, si attuò la revisione dell’esercito italiano: in pochi anni vennero ricostruite cinque brigate alpine (Julia, Taurinense, Cadore, Orobica e Tridentina) ma  nel 1990 ne vennero sciolte tre, lasciando quindi intatte la Julia, la Taurinense e la Tridentina.



L’era degli interventi umanitari e di mantenimento della pace oltre i confini nazionali si è aperta nei primi anni novanta  con diverse operazioni; in tempi più recenti si è passati ad un esercito professionale non più fondato sull’arruolamento obbligatorio, senza però ridimensionare l’impegno del corpo degli Alpini in tutte le azioni di pace e di assistenza in perfetta collaborazione con gli altri corpi delle forze armate.
Al di là di ciò, se la presenza delle Truppe alpine fu imponente su tutti i fronti di guerra con migliaia di caduti e feriti, non va dimenticato che gli alpini in armi ed in congedo attraverso l’ Associazione Nazionale Alpini sono stati sempre presenti ovunque la solidarietà umana abbia richiesto impegno, aiuto morale e materiale. E continuano ad esserlo, prodigandosi con generosità nei confronti delle persone più deboli e bisognose e ovunque ci sia bisogno di assistenza in caso di alluvioni, terremoti, pronto intervento per protezione civile.
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 Cartoline provenienti dalla collezione Geom. Gianpaolo Brianti - A.N.A. Sezione di Parma

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